Intanto parla “venezian” e non disdegna un salto al “fritolin” per bere un bianco e gustare pesce fritto: la presentazione di chi, non conoscendoti, ti mette subito al riparo da timidezze e incrostazioni elitarie.
Abbiamo fatto due passi per il centro della città , attraversato stradine cariche di anni e asfalti già molli per la calura; abbiamo sfiorato case antiche e costruzioni moderne : commistione di anime e spunti visivi.
Infine eccoci allo studio del maestro.
Saliamo una piccola scala e poi ci siamo : subito il bianco delle pareti e il bianco delle tele.
Lentamente si fanno scoprire i primi segni e le prime macchie : segni premonitori della nuova vita che prende il via sulla bianca tela.
Il lavoro di pittura sostenuto dall’impegno quotidiano : a volte ore e ore davanti al cavalletto e riuscire a “cavarne” solamente una manciata di segni scarni.
Nessuna rassegnazione.
Una sfida continua alla figura che non vuole uscire, alla forma neonata eppure già forte e pronta a superare i legacci che la vogliono bloccare. Per ora è solo un accenno ma un accenno fremente, scalpitante.
Ed eccole lì ora, adulte stese di colore, concluse geometrie: figure, centauri,n udi, madri, madonne, ballerini, venezie, riflessi, guardiani del tempo.
E i vetri.
Ne sono passati di giorni da quel 4 giugno 2004 ! e mi chiedono perché ne parlo ancora.
Semplice : ancora oggi risento dei colori di quel giorno.
E, citando lo scrittore Claudio Magris, non è poco, in una vita.
PS : epico il viaggio di ritorno. Ma questa è un’altra storia…
Vicenza, 6 marzo 2014